Coronavirus – Verso la fase 2: esternalità e sanzioni.

Una valutazione tra diritto ed economia.

Gli autori (Avv. Daniele Ingarrica e Dott. Simone Tedeschi) discutono l’efficienza dell’attività normativa di contenimento del Covid-19. Utilizzando dati di fonte ufficiale, calcolano un intervallo di valori – espressi in termini di giorni di lockdown, perdita di Pil e aumento dei disoccupati – per il costo marginale sociale della trasgressione delle norme da parte degli individui affetti da Covid-19, che costituisce una vera e propria esternalità negativa. Alla luce dei risultati mostrati, concludono che, in vista della fase 2, sarebbe opportuno applicare norme con una maggiore forza dissuasiva, attraverso una maggiore certezza e immediatezza della sanzione.

E’ possibile analizzare la relazione che intercorre tra il disegno di una norma e gli obiettivi politici che la norma stessa vuole perseguire utilizzando concetti mutuati dalla scienza economica. La norma giuridica stabilisce una regola di comportamento, l’analisi economica del diritto studia e valuta qual è il comportamento che le norme incentivano ad adottare[1]. L’economia non è l’oggetto dello studio ma rappresenta la metodologia da applicare al fine della valutazione e l’analisi economica del diritto, in definitiva, studia l’efficienza della norma prevedendo gli effetti della stessa sui consociati.

Una versione più sintetica di questo articolo è presente sul sito Menabò di Etica e Economia visionabile al seguente link

Premessa

In primo luogo, è necessario delimitare il campo dell’analisi. Non si tratterà del concetto della sanzione o della pena dal punto di vista repressivo (per la sanzione e per il reato) e rieducativo della pena (per il solo reato) ma solo dell’aspetto deterrente e dissuasivo. Questo in quanto si ritiene che ai fini del contenimento dell’epidemia, a poco serva la repressione e soprattutto a quasi nulla l’aspetto rieducativo della pena (essendo una situazione del tutto inusuale). Il Governo, con l’introduzione della sanzione amministrativa ex art. 4 D.L. 19/2020 e della specifica indicazione per l’applicazione del reato ex art. 260 del regio decreto 1265/1934, più che voler punire il trasgressore della norma, deve mirare alla forza deterrente delle sanzioni, quale forma di prevenzione, con contestuale ottenimento dello scopo primario consistente nel contenere la diffusione del virus.

Inoltre, chi scrive auspica una transizione il più possibile rapida, quantunque ben strutturata, dal regime di confinamento diffuso ad una fase di convivenza attiva con il virus che permetta l’esercizio delle libertà individuali – compresse dalla legislazione di emergenza – e di vecchie e nuove forme di interazione sociale non mediate.

 Sul concetto di funzione dissuasiva o sulla forza preventiva di una sanzione.

Con il termine ordinamento giuridico si intende quel complesso di norme (civili, penali, amministrative, tributarie ecc.) che regolano le attività dei consociati al fine di garantir loro una pacifica convivenza sociale. All’interno dell’ordinamento giuridico con il termine sanzione (utilizzato nella sua accezione più ampia tale da comprendere tutte le misure adottate per assicurare l’inosservanza delle norme) si vuole rappresentare la conseguenza negativa da infliggere a colui che ha violato una norma o un precetto.

Cesare Beccaria[2], con la sua opera “Dei delitti e delle pene” teorizzò il principio secondo il quale la sanzione deve perseguire l’obiettivo di “impedire al reo dal far nuovi danni ai suoi cittadini, e dal rimuovere gli altri dal farne uguali”. Da questa espressione si evince oltre al fine rieducativo della sanzione anche quello preventivo o deterrente. Lo stesso filosofo afferma anche che una sanzione, per conseguire il suo scopo deve essere più onerosa (inteso come costo privato) del guadagno (vantaggio privato) che si trae dalla commissione dell’illecito. Il filosofo milanese nella propria opera affermava che la sanzione, per avere l’effetto deterrente, deve essere caratterizzata da due aspetti, quello della prontezza e quello della certezza. Il primo riguarda la irrogazione della sanzione mentre la seconda riguarda l’impossibilità di sfuggire alla sanzione. Una sanzione pronta ed immediata fa sì che il soggetto si renda conto immediatamente dell’illecito commesso; contra una sanzione posticipata pone il soggetto in una sorta di aspettativa di una sanzione più o meno afflittiva e conseguentemente rende meno efficace la sanzione stessa[3]. Così come la certezza della sanzione rende il soggetto consapevole di ciò che dovrà affrontare; contra la possibilità che la sanzione non venga irrogata genera la speranza che questa non debba essere adempiuta e quindi dell’impunità, con la conseguenza logica di rendere più debole la sanzione. Pertanto, il non rispettare le due caratteristiche della sanzione fanno sì che la norma o il precetto perda la sua forza impositiva e sia più facile che un soggetto la trasgredisca.

L’intuizione è  che il costo atteso dall’individuo trasgressore sarà probabilmente maggiore del beneficio (e quindi la dissuasione probabilmente efficace), non solo quanto maggiore è l’entità della sanzione ma anche quanto maggiore è la probabilità di essere controllati e sanzionati (che dipende sicuramente dalla intensità dei controlli e della pubblicità degli stessi) e quanto minore il differimento tra la gratificazione connessa alla trasgressione e il momento in cui deve essere eseguita la sanzione;  questo aspetto (il minimo sfasamento temporale) è tanto più importante quanto più il soggetto dia peso ai benefici e costi presenti rispetto a quelli futuri[4]. In altri termini una sanzione anche molto gravosa ma che venisse percepita dal soggetto come improbabile oppure che fosse comminata a un individuo con una forte preferenza per il presente e venisse riscossa dopo un certo tempo, avrebbe un effetto di deterrenza basso.

Sulla base degli studi e delle pubblicazioni svolte da Beccaria e dai filosofi successivi[5] l’economista premio Nobel Gary Becker, quasi due secoli dopo, nella sua opera “Crime and Punishment: An Economic Approach” con la quale ha valutato il rapporto tra i delitti e le sanzioni ha affermato che la scelta di non rispettare le norme viene assunta in base ad una valutazione razionale, la quale implica che l’utilità attesa del comportamento illecito sia maggiore di quella derivante dall’impiego di tempo e di risorse in attività consentite[6].

Nel caso che stiamo analizzando, il costo (privato) atteso può dipendere anche dal timore di contrarre la malattia in conseguenza del mancato rispetto delle norme di contenimento, ovvero dalla probabilità percepita di contrarre il virus e dalla percezione circa la gravità della malattia che si potrebbe sviluppare, da un lato, e dalla entità della sanzione, ponderato per la probabilità di essere scoperti e sanzionati, dall’altro. Dipende altresì dal differimento tra comminazione della sanzione ed esazione della stessa e dalla intensità della preferenza soggettiva per il presente rispetto al futuro (o grado impazienza). Si noti che tra i costi percepiti dall’individuo possono rientrare anche altri costi non monetari come quelli dettati dalle proprie convinzioni o dal proprio senso etico (“non esco perché metterei a rischio la mia salute e quella degli altri”, oppure “non esco perché non si deve trasgredire la legge”) o da una sensibilità verso la riprovazione sociale.

Questo campo di indagine ha delineato la figura del “giuseconomista” che, a differenza del giurista tradizionale, non concepisce l’ordinamento giuridico come un complesso di norme e precetti, ma come un insieme di incentivi e disincentivi rivolti ai consociati.[7] L’analisi economica fornisce quindi un contributo essenziale al legislatore fornendo un modello comportamentale dei consociati sulla base delle eventuali sanzioni da comminare in caso di violazione del precetto normativo.

Nel nostro ordinamento giuridico il concetto di pena è espresso nella Costituzione all’art. 27[8]. In questa previsione normativa si fa riferimento solo alla funzione rieducativa della pena e non anche alla funzione dissuasiva, preventiva e di difesa sociale che la stessa deve avere. Questi aspetti sono considerati pacifici così come evidenziati dalla Corte Costituzionale.[9]

I concetti espressi da Beccaria in relazione alla forza preventiva e dissuasiva di una norma sono anche ripresi dall’Unione Europea la quale afferma in più occasioni che la sanzione deve essere effettiva, proporzionata e dissuasiva.[10]

Sempre il filosofo milanese scrisse che “la certezza di un castigo, benché moderato, farà sempre una maggiore impressione che non il timore di un altro più terribile, unito alla speranza dell’impunità; perché i mali, anche minimi, quando sono certi spaventano sempre gli animi umani […][11]. Secondo questa tesi occorre partire dal dato di fatto incontrovertibile per cui la pena, prima di essere irrogata, viene minacciata. Secondo Antolisei[12], dubitare della forza preventiva di una norma “sarebbe come dubitare della stessa esistenza del sole”.

Infatti, la prevenzione generale della norma si sostanzia nella minaccia della pena stessa. Questa distoglie il cittadino dal compimento di fatti socialmente dannosi. [13]

Se questo è vero, però, allora ne discende come logica conseguenza che una pena minacciata, per essere veramente efficace, debba anche essere eseguita, a meno di non perdere il suo potere deterrente. La tesi della prevenzione generale ha quindi come conseguenza che la pena debba essere inflitta prontamente e in modo certo, a prezzo di vanificare lo stesso scopo per cui essa viene comminata.

È pur vero che questo ultimo aspetto è proprio il punto dolente della funzione preventiva della norma in quanto nei consociati si è diffusa la convinzione che, a causa della lentezza della giustizia e delle numerose alternative esistenti, trasgredire una norma che ha come conseguenze sanzioni lievi, non genera nei consociati la paura della sanzione e conseguentemente la norma non ha una funzione deterrente preventiva.[14]

Nel caso di specie

Analizziamo ora i dati disponibili relativamente alle due sanzioni principali comminate dal Governo Conte per l’inosservanza degli obblighi di contenimento.[15]

Il decreto legge 6/2020 del 23 febbraio 2020, convertito con modificazioni con l’approvazione della Legge 13/2020, all’articolo 3, comma 4 aveva previsto l’applicazione dell’art. 650 c.p. per coloro che non avessero rispettato le norme sul contenimento.

Con il decreto legge 19/2020 del 25 marzo 2020 (allo stato ancora in fase di conversione) all’art. 4 ha modificato l’assetto sanzionatorio prevedendo al comma 1 l’applicazione della sanzione amministrativa da e 400 ad € 3.000 per coloro che non avessero rispettato le norme di contenimento[16]; al comma 7 ha previsto l’applicazione dell’art 260 del Regio Decreto n. 1265/1934 consistente nell’arresto da 3 mesi a 18 mesi e l’ammenda da € 500 ad € 5.000 per coloro che, affetti da coronavirus ed in quarantena domiciliare avessero violato l’obbligo di non muoversi dalla propria abitazione.

Pertanto, il primo decreto legge con il quale si indicava l’art. 650 c.p. quale possibile contestazione dell’inosservanza degli obblighi di contenimento di fatto è stato vanificato dal decreto n. 19 con il quale è stata introdotta una nuova sanzione amministrativa. Sempre con lo stesso decreto legge è stato specificato che, nei casi di violazione della quarantena perché contagiati dal coronavirus, si rende applicabile l’art. 260 del Regio Decreto n. 1265 del 1934[17]. Questo, salvo che non si possa configurare l’art. 452 del codice penale ovvero il provocare colposamente una epidemia[18].

Analisi della sanzione amministrativa consistente nella violazione dell’art. 4 D.L. 19/2020

Dal grafico sotto riportato (figura 1) appare evidente come, a partire dalla sua introduzione nella forma dalla violazione dell’art. 650 c.p. (reato contravvenzionale consistente nel mancato rispetto di un ordine dato da una autorità), la curva delle contestazioni giornaliere sia sempre crescente, almeno fino al 21 marzo, per poi diventare discendente fino al 26 marzo, e poi di nuovo crescente in modo costante. Il numero dei controlli effettuati è cresciuto dall’11 marzo fino ai primi di aprile per poi restare pressoché costante (ad eccezione delle domeniche, in corrispondenza delle quali il numero dei controllati è significativamente inferiore).

Figura 1

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Figura 2

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Guardando il grafico in figura 2, che riporta il numero di sanzioni per coloro che circolano senza “giustificato motivo” – ci si può innanzitutto interrogare su cosa sia intervenuto tra il 23 ed il 26 marzo nel determinare un brusco calo dei sanzionati. La nostra ipotesi è che in quei giorni, giacché in sede di Governo si prospettava una stretta sui controlli e si valutava l’opportunità di effettuare una modifica della sanzione con l’ipotesi di applicare anche il sequestro del mezzo,[19] nel caso in cui l’infrazione avveniva alla guida di veicolo, molti individui, nell’incertezza, abbiano “incorporato” l’aspettativa della nuova sanzione e che questa fosse più onerosa o maggiormente afflittiva, rispetto a ciò che si era avuto fino a quel momento.  Infatti, fino al 25 marzo, la sanzione consisteva nella denuncia per il reato ex art. 650 cp. Il 26 marzo è entrato in vigore il Decreto Legge n. 19/2020 che ha modificato la sanzione trasformando anche le pregresse in una sanzione amministrativa e quindi pecuniaria (da € 400 ad €3.000) senza però la applicazione di alcuna sanzione accessoria, quale appunto il paventato sequestro del veicolo.

L’obiettivo in questa fase era quello di ridurre al minimo le interazioni sociali tra individui potenzialmente infetti e individui non infetti – comprimendo a tal fine di molto le libertà individuali – nonché di impedire che gli individui diagnosticati come positivi a Covid-19 esercitassero una azione di contagio troppo intensa e rapida in relazione alle capacità del sistema sanitario. Dai dati disponibili si ricava l’impressione che la contestazione del reato prima e la sanzione amministrativa poi, non abbiano avuto l’effetto dissuasivo sperato. Non stiamo affermando che le norme non abbiano avuto effetti disincentivanti, ma che la loro efficacia possa essersi rivelata al di sotto delle aspettative del decisore politico.

Analisi del reato ex art. 260 del Regio Decreto 1265 del 1934

La previsione specifica della contestazione del reato ex art. 260 Regio Decreto 1265/1934 prevede l’arresto da 3 mesi a 18 mesi e con l’ammenda da euro 500 ad euro 5.000 per tutti coloro i quali, essendo affetti dal Coronavirus, non abbiano rispettato la quarantena domiciliare

Ad oggi 23 aprile2020 sono ben 753 le persone denunciate per tale titolo di reato. Si può facilmente ipotizzare che il numero reale di individui che non rispettavano o non rispettano l’obbligo di quarantena domiciliare sia significativamente maggiore.

Guardando la figura 3 è evidente come, dopo i primi due tre giorni di applicazione della norma, il trend sia altalenante – che può sottendere anche una variabilità nell’intensità dei controlli – mostri dei picchi nelle giornate di venerdì e sabato.

Figura 3

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Anche per questi individui, la funzione deterrente della sanzione prevista non è stata sufficiente ad indurli a non commettere il reato.

Valutazione della forza preventiva delle sanzioni: un’analisi empirica

 Con riferimento allo schema decisionale guidato dalla comparazione tra costi e benefici derivanti dall’esercizio di una determinata azione/trasgressione, si può immaginare che in una prima fase, la pericolosità e/o la contagiosità del virus fossero mediamente sottostimate. Inoltre, sia la riprovazione sociale che la sanzione fossero percepite da molti individui come trascurabili (sanzione penale percepita come molto incerta e differita nel tempo). Col passare delle settimane è probabile che sia la percezione del rischio (con l’aumentare dell’esperienza personale, delle informazioni e della consapevolezza), che la riprovazione sociale siano aumentate. D’altra parte, la sanzione penale “incerta” è stata tramutata in una sanzione amministrativa dai contorni più certi – di importo abbastanza contenuto – ma ancora differiti nel tempo e comunque non comminati con certezza (“non tutti vengono fermati e se ho una buona scusa magari non mi multano; potrei comunque ricorrere…”)

Il dato più allarmante, e sul quale vogliamo focalizzare l’attenzione, riguarda i 753 soggetti (al momento della redazione di questo articolo, 22 aprile che, nonostante fossero consapevoli di essere affetti dal Covid-19 hanno violato l’obbligo di quarantena domiciliare e sono stati, per ciò, sanzionati.

Questi ultimi sono numeri non trascurabili soprattutto in considerazione delle ipotesi di seguito sviluppate. Qui sotto, in figura 3, riportiamo alcune serie di dati forniti giornalmente dalla Protezione Civile per l’aggregato nazionale. Questi consistono nella serie cumulata dei contagi totali, dei guariti e dei deceduti. Come differenza poi tra la prima serie e le seconde due, si riporta anche la serie degli individui attualmente positivi. Va tenuto presente che tali serie numeriche soffrono con alta probabilità di errori di misurazione, dipendono dal numero di tamponi effettuati e, in generale, sottostimano l’entità reale del fenomeno descritto. Pensiamo tuttavia che uno studio delle variazioni, via via aggiornabile, possa fornire una approssimazione delle dinamiche sottese, utile ad informare le decisioni di policy.

Le prime due serie mostrano nella fase iniziale il noto andamento esponenziale. Interpolandole poi per mezzo di modelli statistici abbiamo ottenuto una stima del trend e, ex-ante, della loro possibile evoluzione. La diversa natura delle due serie impone la formulazione di differenti ipotesi sulla forma funzionale[20]

In particolare, secondo le nostre stime, la serie dei casi totali convergerebbe a partire da fine maggio ad un valore osservato di circa 210 mila casi, mentre le seconda serie avrebbe iniziato dal 21 aprile una discesa che, se proseguisse con il trend stimato, porterebbe lo stock di individui attualmente positivi sotto le mille unità giornaliere a partire dal 25 maggio. Lo studio dell’evoluzione di questa curva è cruciale per valutare la sostenibilità del sistema sanitario e, infatti, le misure di contenimento sono proprio volte ad allargarne la base e abbassarne il punto di massimo.

La figura 4 mostra invece, accanto alla curva dei casi totali osservati e previsti già vista in Figura 3, quella della sua variazione giornaliera (i nuovi casi) da leggere sull’asse verticale destro del grafico.[21] Anche questa curva, dal 22 aprile si basa su una previsione, fuori dal campione osservato, della dinamica. Abbiamo altresì evidenziato il giorno in cui, qualora il trend procedesse con le medesime caratteristiche osservate sinora, la riduzione dei nuovi casi giornalieri, che oggi si trova intorno ai 2500 casi, scendesse al di sotto delle 1000 unità, come ipotetico obiettivo che il Governo si fosse posto per dare il via alla cosiddetta fase 2. A questo ritmo e con la curvatura stimata, tale obiettivo sarebbe raggiunto, in media per l’intero paese, il 4 maggio.

Figura 4

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Figura 5

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Alla luce degli andamenti sopra riportati, proviamo a fornire un intervallo di valori o, quantomeno, un ordine di grandezza, per il costo marginale sociale della trasgressione delle norme da parte degli individui affetti da Covid-19, che può essere considerato alla stregua di una esternalità negativa.[22]

In termini epidemiologici, si avrebbe avuto (e si avrebbe), innanzi tutto, un indebolimento delle misure di contenimento dell’epidemia e quindi un procrastinamento del periodo di quarantena richiesto per passare alla fase 2.

Proviamo a fornire una valutazione di questo impatto. Esso dipenderà, semplificando la complessità del problema, dal tasso netto di riproduzione del virus, ovvero il numero medio di persone a cui un individuo infetto può trasmettere la malattia in una popolazione che non ha mai affrontato quella malattia prima, in assenza di interventi (detto R0).

Esso è importante perché se maggiore di 1, l’infezione continuerà a diffondersi. E quanto maggiore è il suo valore tanto più elevato è il rischio di diffusione dell’epidemia. Ma se è inferiore ad 1, l’epidemia tenderebbe ad arrestarsi – prima o poi – anche senza alcun intervento.

Le stime iniziali di R0 per il nuovo coronavirus si collocano intorno a un valore di 3[23], quindi ben al di sopra dell’unità e dunque della possibilità di un esaurimento “spontaneo” dei contagi.

R0 dipende dalla probabilità di trasmissione per singolo contatto tra una persona infetta ed una suscettibile, dal numero dei contatti della persona infetta e dalla durata dell’infettività. La probabilità di trasmissione e la durata dell’infettività non sono modificabili finché non si disponga di un vaccino e di un trattamento della viremia ma, la tempestiva identificazione della persona infetta, o di quella potenzialmente infettata, e la possibilità di ridurre i suoi contatti con altre persone permetterebbe una riduzione di tale parametro. Da qui la necessità di imporre, almeno in una prima fase, misure stringenti di distanziamento personale.

L’evoluzione dell’epidemia nel tempo dipenderà dai valori che tale indicatore assume nel corso della crisi, anche e soprattutto, in conseguenza delle misure adottate. Si parla in questo caso di tasso di riproduzione effettivo che per semplicità di notazione continueremo a chiamare R0

Se R0 è maggiore di 0 ma minore di 1, l’impatto di un singolo individuo sulla dinamica epidemica è positivo ma comunque contenuto. Ciò significa che un individuo positivo, non isolato o che non rispetti le regole di distanziamento personale, oltre a contagiare con probabilità positiva altri individui in conseguenza del contatto con esse, mette in moto una catena di contagi che anziché proseguire indefinitamente, converge a un valore finito, pari 1/(1- R0).[24]

Recentemente il traguardo di R0=1 sarebbe stato raggiunto in Italia e, attualmente il valore effettivo si collocherebbe di poco sotto tale soglia. Per semplicità, assumiamo che esso sia pari a 0,9[25].

In pratica, con un simile valor medio per questo parametro, ogni individuo trasgressore, oltre a contaminare, nell’immediato, mediamente, poco meno di una persona (0,9), metterà in moto una catena di contagi che, in un certo lasso di tempo più o meno lungo, terminerà mediamente con [1/(0,1)]=10 individui contagiati.

In altri termini, i 753 positivi trasgressori avrebbero potenzialmente dato luogo a un focolaio che coinvolgerebbe circa 7500 persone.

Diversamente, se R0 è maggiore di 1, ognuno di loro – a cui naturalmente andrebbe aggiunto, se fosse noto, il numero di individui positivi e trasgressori ma non controllati[26] -, in conseguenza della trasgressione, oltre a contagiare mediamente almeno un altro individuo nell’immediato, avrebbe messo in moto un processo di contagi potenzialmente infinito o che comunque non si esaurirebbe spontaneamente, almeno fino al raggiungimento della cosiddetta immunità di gregge.

Teniamo poi conto che se è vero che R0 si trovi attualmente di poco al di sotto del valore unitario ma sia caratterizzato da una significativa variabilità (si veda, ad esempio questo studio di recente pubblicazione), se esso tornasse ad aumentare anche di poco, farebbe impennare i contagi potenziali[27], inoltre esso potrebbe far tornare rapidamente il processo di propagazione da uno stato convergente ad uno stato divergente (o esplosivo). E ciò proprio in ragione delle violazioni delle attuali norme di contenimento effettuate da individui potenzialmente contagiati o, peggio, da quelli certamente contagiati perché risultati positivi al test.

La figura 6 mostra l’andamento dei casi totali osservato e previsto secondo lo status quo, con quello che si avrebbe se gli individui sanzionati avessero rispettato le regole previste, in coincidenza di due scenari alternativi che corrispondono ad altrettanti valori per R0 .La curva verde, seguendo l’esempio precedente, ipotizzerebbe un valore per R0 collocato a 0,9, mentre la curva viola mostra la sua sensibilità in corrispondenza di un valore che invece fosse più prossimo ad uno ed esattamente pari a 0,99.

La curva stimata, nel primo caso, coerentemente con le ipotesi, converge verso fine maggio ad un totale di contagiati inferiore di circa 15 mila casi, mentre nel secondo scenario di circa 75 mila casi. Questi risultati discendono direttamente dalle ipotesi formulate e, un primo esercizio, che lasciamo a lettori volenterosi, consiste nel determinare di quanto si sarebbe ridotto, in valore atteso, il carico sanitario e, soprattutto il numero dei decessi, entro l’estate.

Per calcolare invece una forchetta per l’impatto più direttamente economico delle suddette violazioni, ricorriamo alla figura 7. L’esercizio consiste nello stimare la variazione nell’andamento della “campana” dei nuovi casi comparando la stima fornita per lo status quo, con quelle che si avrebbero se non ci fossero state le suddette violazioni, nei due scenari alternativi.

La data del 4 maggio avrebbe dovuto segnare il traguardo dei soli 1000 nuovi casi. Qualora le suddette trasgressioni non fossero avvenute:

  1. nel primo scenario (R0=0,9, rappresentato da curva e retta verticale verde) la fine del lockdown si sarebbe raggiunta un (1) giorno prima (ovvero il 3 maggio);
  2. nel secondo scenario (R0=0,99, rappresentato da curva e retta verticale viola), la quarantena sarebbe potuta terminare sette (7) giorni prima (dunque il 27 aprile).

Dunque, secondo le nostre ipotesi, i 753 positivi trasgressori porrebbero a carico della collettività un costo in termini di incremento della durata del lockdown, compreso tra uno e sette giorni.

Poiché «ogni settimana di blocco dell’attività economica di questa portata comporta, secondo un calcolo meccanico che non considera effetti indiretti, una riduzione del Pil annuale di circa lo 0,5 per cento» (Bancaditalia, 2020), nell’esercizio da noi svolto, il costo in termini di Pil delle 753 violazioni sarebbe compreso tra lo 0,07% e lo 0,5% del Pil, ovvero a tra 1,2 e 8,9 miliardi di euro. Applicando una elasticità del tasso di disoccupazione rispetto al Pil pari a 0,52 (seguendo le ipotesi adottate in un recente articolo apparso sul Menabò di Etica ed Economia) ne conseguirebbe un aumento del tasso di disoccupazione compreso tra 0,038% e 0,27% e quindi, considerando che il numero di persone in cerca di lavoro è pari a circa 2,5 milioni, corrispondenti a un tasso di disoccupazione pari al 9,7% della forza lavoro, si avrebbero tra i 9.800 e i 70.000 disoccupati incrementali. In termini individuali, il costo in termini di perdita di valore aggiunto, sarebbe compreso tra i 1,6 e i 11,8 milioni di euro.

Naturalmente questi dati varierebbero se R0 risultasse più alto o più basso. Ma ciò che ci preme mettere in luce è l’ordine di grandezza – decisamente ingente- degli effetti della trasgressione.

Figura 6

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Figura 7

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Ipotesi di sanzione

 I risultati mostrati, unitamente al numero di decessi che si sarebbero potuti evitare, ci inducono a sostenere che sarebbe stato opportuno applicare norme con una forza dissuasiva maggiore al fine di minimizzare le situazioni di contagio e soprattutto ridurre il numero dei giorni di lockdown. In base al principio della proporzionalità (tra il danno arrecato, circa € 1,25 mld di euro al giorno secondo il nostro esercizio, e la sanzione/pena) sarebbe comunque legittima e costituzionalmente orientata una pena/sanzione particolarmente afflittiva, che sicuramente esprime in sé una maggior forza dissuasiva, ma che sarebbe comunque carente dei requisiti della certezza e dell’immediatezza. Pertanto, non si vogliono ipotizzare sanzioni o pene esemplari, quanto piuttosto azioni immediatamente eseguibili e dunque di maggior impatto.

Riprendendo le parole di Beccaria “la certezza di un castigo, benché moderato, farà sempre una maggiore impressione che non il timore di un altro più terribile, unito alla speranza dell’impunità; perché i mali, anche minimi, quando sono certi spaventano sempre gli animi umani […][28] il Governo avrebbe potuto trovare una sanzione moderata ma immediata, così da essere anche certa.

Per esempio, i dati evidenziano il fatto che, nel periodo tra il 25 e 26 marzo durante il quale il Governo valutava la possibilità di eseguire nell’immediato il sequestro dell’autovettura o del mezzo utilizzato, il numero dei trasgressori era diminuito drasticamente. Già dal giorno successivo alla pubblicazione del decreto legge che tramutava la sanzione prevista dall’art. 650 c.p. in sanzione amministrativa e non inseriva il sequestro del veicolo, il numero dei sanzionati è risalito significativamente. [29]

Sembrerebbe che la sola ipotesi del sequestro[30] del mezzo abbia esercitato un efficace effetto dissuasivo. Certo è che impedire al trasgressore l’utilizzo del mezzo per un certo periodo di tempo avrebbe perseguito sia l’obiettivo di prevenzione generale (consistente nella dissuasione a commettere l’illecito) che quello di prevenzione speciale (impedendo al trasgressore di ripetere l’illecito).

In vista dell’inizio della fase 2, che attualmente è previsto per il 4 maggio, è importante che le misure di prevenzione adottate dal Governo siano più efficaci delle precedenti. Il valore di R0 è ancora prossimo a uno e sembra caratterizzato da una significativa variabilità.

Vista la sensibilità degli esiti epidemici, sanitari ed economici all’efficacia del coordinamento che le norme mirano ad indurre tra gli individui, è auspicabile che il Governo, nella sua attività normativa, riesca a persuadere tutti i cittadini a passare in modo coordinato a un nuovo comportamento, capace di autosostenersi, nel senso di Nash (Basu, 2013). Ciò implica anche un uso efficace e chiaro della comunicazione ai cittadini da parte del Governo. Caratteristiche queste che forse non sono state pienamente presenti nella fase 1, anche in conseguenza di una evidente sovrapposizione tra livelli di governo, centrale e regionale.

Affinché le nuove disposizioni per regolamentare la fase 2 risultino efficaci, esse dovranno essere compatibili con l’interesse di ogni attore – cittadini, organi di controllo, magistratura e organi di governo – alla loro osservanza, e ciò avverrà più facilmente se ciascuno si aspetta, che tutti gli altri le osservino.

Note

[1] Politica Economica, 2001 Balducci – Candela – Scorcu

[2] Filosofo, giurista, economista e letterato milanese considerato tra i massimi esponenti dell’illuminismo italiano (1738 – 1794)

[3]La teoria economica ha successivamente formalizzato questo aspetto utilizzando la nozione di preferenza intertemporale. L’ipotesi comportamentale è che gli individui siano più o meno pazienti e che questa sia una caratteristica “profonda” o, comunque, piuttosto stabile, che influenza le scelte nel tempo. Essi, pertanto, darebbero meno peso, in termini di utilità, e ciò quanto più siano impazienti, ai vantaggi e ai costi che si materializzano nel futuro, rispetto a quelli presenti.

[4] L’appiattimento sul presente potrebbe essere uno degli effetti indiretti dell’emergenza pandemica.

[5] Tra questi si ricorda Jeremy Bentham “An introduction to the Principles of Morales and Legislation” che ipotizzò il principio di utilità fondato sul dolore ed il piacere quali sovrani padroni a cui è sottoposto il genere umano. Dolore inteso come sanzione e piacere nell’attività illecita. La valutazione di questi due elementi genera la decisione del trasgredire la norma o meno.

[6] Cfr rivista Diritto Penale Contemporaneo sopra citata. In quest’opera lo stesso autore, in seguito ad una vicenda personale, spiega come è nata l’idea di effettuare un approccio economico alla realizzazione di un illecito ovvero: l’economista doveva decidere se pagare o meno il parcheggio della propria autovettura mentre si recava all’università. Becker considerò i fattori che avrebbero potuto influenzare la sua scelta ovvero l’utilità nel non pagare il parcheggio (illecito) con i costi della sanzione e la possibilità di non essere scoperto.

[7] Sul punto N.Longo “L’insostenibile leggerezza della responsabilità amministrativa: un contributo law and economics” in Rivista Corte dei Conti 5/2005

[8] L’articolo, che si riferisce alla pena intesa come sanzione penale come conseguenza dell’accertamento di reati, al comma 3 recita “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.

[9] la Consulta ha affermato che: la Costituzione, oltre a disporre che le pene siano sempre umane, «evidenzia la necessità che le pene abbiano quale funzione e fine il riadattamento alla vita sociale». Orbene, funzione (e fine) della pena non è certo il solo riadattamento dei delinquenti, purtroppo non sempre conseguibile. A prescindere sia dalle teorie retributive secondo cui la pena è dovuta per il male commesso, sia dalle dottrine positiviste secondo cui esisterebbero criminali sempre pericolosi e assolutamente incorreggibili, non vi è dubbio che dissuasione, prevenzione, difesa sociale, stiano, non meno della sperata emenda, alla radice della pena (Sentenza Corte Costituzionale n. 264 del 1974 la quale ovviamente fa propri principi mai messi in discussione).

[10] Per esempio la Corte di Giustizia Europea ha affermato che “Ciò premesso, è utile ricordare che, pur conservando la scelta delle sanzioni, gli Stati membri devono segnatamente vegliare a che le violazioni del diritto dell’Unione siano punite con sanzioni che abbiano carattere effettivo, proporzionale e dissuasivo (v., in tal senso, sentenza del 3 maggio 2005, Berlusconi e a., C-387/02, C-391/02 e C-403/02, Racc. pag. I-3565, punto 65).” Sentenza della Corte di Giustizia Europea del 26/09/2013 punto 50.

[11] Cesare Beccaria “Dei delitti e delle pene” 1764.

[12] Francesco Antolisei 1882-1967 Giurista

[13] Nuvolone “Pena” in Enciclopedia del diritto p. 789 “da un punto di vista psicologico, la pena, o meglio la minaccia della pena, e l’esempio della sua esecuzione, esercita necessariamente una funzione intimidatrice, o, come si suol dire, di prevenzione generale

[14] Durante la vigenza dell’art. 650 c.p. quale conseguenza del circolare senza giustificato motivo sono stato contattato da diverse persone destinatarie della denuncia. Queste chiedendomi delle possibili conseguenze, non erano per nulla intimoriti in quanto convinti che le Procure non avrebbero mai proceduto a decine di migliaia di denunce ma che avrebbero fatto una sorta di sanatoria. E così è stato trasformando il fatto da illecito penale ad illecito amministrativo.

[15] Anche in questo caso è opportuno osservare che per quanto riguarda la qualificazione giuridica dei fatti dal punto di vista penale, questi reati erano già presenti all’interno del nostro ordinamento ed in merito alla loro applicabilità o meno le direttive del Presidente Conte non sono altro che dei suggerimenti, essendo la scelta finale dell’imputazione in capo all’organo giurisdizionale e non all’organo politico.

[16] Il medesimo comma indica che non deve più essere applicato l’art. 650 del c.p.

[17] In realtà a ben vedere l’articolo citato recita: “Chiunque non osserva un ordine legalmente dato per impedire l’invasione o la diffusione di una malattia infettiva dell’uomo e’ punito con l’arresto da 3 mesi a 18 mesi e con l’ammenda da euro 500 ad euro 5.000.) Se il fatto e commesso da persona che esercita una professione o un’arte sanitaria la pena e’ aumentata”. Dal dato testuale della norma non sembrerebbe necessario il requisito della positività al virus, ma semplicemente non rispettare un ordine legalmente dato per impedire la diffusione del virus. Nel decreto 19/2020 si specifica però che tale contestazione va effettuata per l’inosservanza del divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione o dimora per le persone in quarantena perché risultate positive al virus.

[18] Non entro nel merito della clausola di riserva ritenendola oltremodo errata in quanto è contradditoria sia sotto un profilo fattuale che dell’elemento soggettivo richiesto per la sua applicazione.

[19] Con il termine sequestro si vuole intendere l’incapacità per il soggetto di poter continuare ad utilizzare il mezzo. Infatti, non sappiamo le modalità con le quali il Governo avrebbe applicato tale scelta. Sarebbe stato possibile applicare sia un sequestro sotto il punto di vista del diritto penale che un fermo amministrativo o un sequestro regolato da norme del diritto civile. Inoltre, tale sanzione poteva essere comminata sia a titolo di sanzione principale che come sanzione accessoria.

[20]La prima serie dei casi totali cumulati è per sua natura monotona non decrescente, essa è tipicamente ben approssimata da una funzione a “S” o sigmoidea. Abbiamo pertanto utilizzato un modello non lineare logistico. La curva dei positivi in atto ha invece, per ipotesi, una forma a campana. Presenta quindi un tratto crescente iniziale, a tassi inizialmente crescenti, poi decrescenti a partire da un flesso, ed infine diventa crescente fino alla saturazione e dunque all’azzeramento di individui positivi nella popolazione. Abbiamo utilizzato un modello alle differenze logaritmiche, che predice, dopo il punto di massimo, una riduzione, con tendenza limite a zero.

[21] Questa curva a campana è ottenuta come derivata prima della curva logistica dei casi totali.

[22] In economia un’esternalità negativa si manifesta quando l’attività di un soggetto influenza negativamente il benessere di un altro soggetto, senza che chi ha subito tali conseguenze riceva una compensazione pari al costo sopportato.

[23] l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e diversi istituti di ricerca di tutto il mondo hanno diffuso stime di R0 dell’infezione. Queste stime sono comprese tra 1,4 e 3,8 nelle aree colpite in questa prima fase di diffusione.

[24] Esso dipende dalle proprietà di una serie convergente, in questo caso, geometrica.

[25] Secondo l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), in data 16 aprile, R0 assumerebbe un valore di circa 0,8. Il 23 aprile il presidente dell’ISS ha dichiarato che, in seguito di una riapertura delle scuole, l’indicatore potrebbe ritornare rapidamente ben sopra la soglia del valore unitario.

[26] Più naturalmente i contagiati non accertati e asintomatici.

[27] Ad esempio, passando da 0,9 a 0,99 esso crescerebbe di un fattore 10, con un coinvolgimento potenziale di circa 75.000 individui.

[28] Cesare Beccaria “Dei delitti e delle pene” 1764.

[29] Il numero dei sanzionati era passato da 8.301 del 24 marzo a 1.515 del 26 marzo per poi risalire fino alla del 11/04 a ben 12.514. Per quanto riguarda invece la violazione dell’art. 260 del Regio decreto n. 1265 del 1934 è evidente che una piccola forza di prevenzione l’abbia avuta. Infatti, dopo il primo giorno dell’entrata in vigore della norma il numero dei denunciati varia tra le 14 e le 53 persone. Anche se, in considerazione delle possibili conseguenze che potrebbero aver creato questi ultimi, si sarebbe potuto fare qualche cosa in più.

[30] Si ricorda che il termine sequestro è utilizzato in modo improprio Cfr nota 19.

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