Riparazione del danno, la nuova causa di estinzione del reato.

Riforma Orlando, estinzione del reato per condotta riparatoria

La c.d. riforma Orlando, ovvero la legge n. 103 del 23/06/2017 (per scaricare il testo integrale cliccare qui) ha modificato l’ordinamento penale sia sostanziale che processuale. Sono stati modificati i termini della prescrizione, sono state introdotte nuove forme di sospensione a seguito di una condanna definitiva, sono state inasprite alcune pene per determinati delitti ed inoltre i commi da 1 a 4 dell’articolo uno introducono e disciplinano una nuova causa di estinzione del reato. E’ stato infatti aggiunto il nuovo articolo 162 ter. c.p. denominato “Estinzione del reato per condotte riparatorie“. Proprio di questa ultima modifica volevo parlare.

Che cos’è una causa di estinzione del reato e quali sono.

Le cause di estinzione del reato è una delle cause che, insieme alle cause di estinzione della pena, escludono la punibilità di un soggetto. La punibilità è la possibilità di applicare una sanzione penale dopo l’accertamento di un comportamento che l’ordinamento giuridico riconosce come reato.

Le cause di estinzione del reato estinguono la punibilità in astratto in quanto la sua dichiarazione di estinzione, qualora si verifichino determinate circostanze, evita che si arrivi a pronunciare una sentenza di condanna. 

Le varie cause di estinzione del reato

Il nostro ordinamento prevede quali cause di estinzione del reato:

  • la morte del reo: con la morte del responsabile del reato prima della pronuncia della condanna definitiva si estingue il reato;
  • l’amnistia: questo è un provvedimento generale dello Stato (una legge) con il quale si decide di estinguere uno o più reati (generalmente quelli con un disvalore sociale minore) e conseguentemente di rinunciare ad una eventuale condanna;
  • la prescrizione del reato: l’art. 157 del c.p. prevede che il decorso di un determinato periodo di tempo (che varia a seconda della tipologia del reato commesso) senza che si sia arrivata ad una sentenza definitiva di condanna, determina l’estinzione del reato per prescrizione;
  • l’oblazione: consiste nel pagamento in denaro allo Stato di una somma pari ad una percentuale stabilita dalla legge a seconda che si tratti di una contravvenzione punita con la sola ammendo o punita alternativamente con ammenda ed arresto;
  • il perdono giudiziale: è una procedura riservata solo ai soggetti minori di età;
  • la sospensione condizionale della pena: a seguito di una condanna per un tempo non superiore a due anni di arresto o reclusione, la sospensione condizionale della pena sospende l’esecuzione della condanna per un determinato periodo (2 anni per le contravvenzioni e  5 anni per i delitti) a condizione che il colpevole non commetta altri reati. In tal caso il reato viene estinto, in caso contrario il reo sconterà entrambe le pene.
  • l’estinzione del reato per condotte riparatorie: questa è l’ultima causa introdotta con la riforma Orlando di cui parlerò qui.

La nuova causa di estinzione del reato per condotte riparatorie.

Il nuovo articolo 162 ter. c.p. denominato “Estinzione del reato per condotte riparatorie” determina non poche perplessità per chi scrive. Infatti se da un lato è sicuramente uno strumento idoneo per dirimere molte controversie ed in qualche modo può contribuire a diminuire il carico di lavoro dei Magistrati per questioni di poco conto, dall’altro potrebbe generare anche degli squilibri.

Il testo

«Art. 162-ter (Estinzione del reato per condotte riparatorie). –
1. Nei casi di procedibilità a querela soggetta a remissione, il giudice dichiara estinto il reato, sentite le parti e la persona offesa, quando l’imputato ha riparato interamente, entro il termine massimo della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il risarcimento, e ha eliminato, ove possibile, le conseguenze dannose o pericolose del reato. Il risarcimento del danno può essere riconosciuto anche in seguito ad offerta reale ai sensi degli articoli 1208 e seguenti del codice civile, formulata dall’imputato e non accettata dalla persona offesa, ove il giudice riconosca la congruità della somma offerta a tale titolo.Quando dimostra di non aver potuto adempiere, per fatto a lui non addebitabile, entro il termine di cui al primo comma, l’imputato può chiedere al giudice la fissazione di un ulteriore termine, non superiore a sei mesi, per provvedere al pagamento, anche in forma rateale, di quanto dovuto a titolo di risarcimento; in tal caso il giudice, se accoglie la richiesta, ordina la sospensione del processo e fissa la successiva udienza alla scadenza del termine  stabilito e comunque non oltre novanta giorni dalla predetta scadenza, imponendo specifiche prescrizioni. Durante la sospensione del processo, il corso della prescrizione resta sospeso. Si applica l’articolo 240, secondo comma. Il giudice dichiara l’estinzione del reato, di cui al primo comma, all’esito positivo delle condotte riparatorie».

2. Le disposizioni dell’articolo 162-ter del codice penale, introdotto dal comma 1, si applicano anche ai processi in corso alla data di entrata in vigore della presente legge e il giudice dichiara l’estinzione anche quando le condotte riparatorie siano state compiute oltre il termine della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado. 

3. L’imputato, nella prima udienza, fatta eccezione per quella del giudizio di legittimità, successiva alla data di entrata in vigore della presente legge, puo’ chiedere la fissazione di un termine, non superiore a sessanta giorni, per provvedere alle restituzioni, al pagamento di quanto dovuto a titolo di risarcimento e all’eliminazione, ove possibile, delle conseguenze dannose o pericolose del reato, a norma dell’articolo 162-ter del codice penale, introdotto dal comma 1. Nella stessa udienza l’imputato, qualora dimostri di non poter adempiere, per fatto a lui non addebitabile, nel termine di sessanta giorni, può chiedere al giudice la fissazione di un ulteriore termine, non superiore a sei mesi, per provvedere al pagamento, anche in forma rateale, di quanto dovuto a titolo di risarcimento. 

4. Nei casi previsti dal comma 3, il giudice, se accoglie la richiesta, ordina la sospensione del processo e fissa la successiva udienza alla scadenza del termine stabilito ai sensi del citato comma 3. Durante la sospensione del processo, il corso della prescrizione resta sospeso. Si applica l’articolo 240, secondo comma, del codice penale.

 

Analisi del testo

  1. Definizioni: ritengo opportuno evidenziare che il concetto espresso nel primo comma, ovvero “il giudice dichiara estinto il reato, sentite le parti e la persona offesa quando l’imputato ha riparato interamente […] il danno mediante la restituzione o il risarcimento ecc. ecc.” non significa solo ed esclusivamente la dazione di una somma di denaro. La riparazione può avvenire sotto diversi profili. E’ per questo che la norma prevede che il Giudice debba sentire le parti. La persona offesa infatti, anche se non dovesse ricevere una somma di denaro, potrebbe comunque affermare che il danno sia stato riparato e conseguentemente il giudice è obbligato a dichiarare estinto il reato.
  2. Condizioni per l’applicazione: innanzitutto la norma è applicabile solo a quei reati procedibili a querela che è soggetta a remissione. Questa definizione è importante in quanto il nostro codice penale prevede per alcune tipologie di reati, come per esempio reati inerenti le violenze sessuali, l’impossibilità per il querelante di rimettere la querela una volta depositata. Conseguentemente per questi reati, seppure procedibili a querela di parte, la norma non si applica. Inoltre il danno deve essere interamente riparato entro il termine massimo della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado. In questo caso il Giudice dichiara estinto il reato. L’utilizzazione del termine perentorio “dichiara” elimina discrezionalità all’organo giudicante, cosa invece ammessa per altre cause estintive del reato quali la sospensione condizionale della pena , l’oblazione speciale e/o il perdono giudiziale.
  3. Eccezioni: rispetto alle condizioni ci sono comunque delle eccezioni che non possono essere trascurate. Per esempio nel caso in cui l’imputato non abbia potuto adempiere alla condotta riparatoria per cause a lui non imputabili, il reo nel corso della prima udienza e sempre prima dell’apertura del dibattimento può chiedere una proroga dei termini e quindi un rinvio dell’udienza. Il Giudice in questo caso può concedere un rinvio per un termine massimo di 6 mesi per provvedere al pagamento anche in forma rateale di quanto dovuto a titolo di risarcimento.
  4. Peculiarità: per evitare che la persona offesa possa in qualche modo approfittarsi della situazione, ovvero non accontentarsi del semplice risarcimento del danno ma cercare di ottenere cifre spropositate rispetto ai fatti per cui è causa, la norma prevede che il Giudice può ritenere idonea ai fini della dichiarazione di estinzione del reato anche un’offerta reale effettuata dell’imputato ma non accettata dalla persona offesa. Esempio: Tizio crea un danno di € 1.000,00 a Caio. Tizio consegna un assegno a Caio di € 1.300,00. Caio non accetta perché ritiene di dover avere € 2.500,00.  In questo caso il Giudice nonostante Caio non abbia accettato l’offerta reale proposta da Tizio, può dichiarare estinto il reato e Caio a questo punto non solo non ha ottenuto “giustizia” in quanto Tizio non è stato condannato, ma non ha ottenuto neanche il risarcimento del danno.
  5. Applicazione temporale della norma: essendo una norma di diritto sostanziale questa, in base al principio generale del favor rei, dovrebbe potersi applicare anche ai procedimenti pendenti ma abbiamo visto il limite della condotta riparatoria che deve avvenire prima dell’apertura del dibattimento di primo grado. Pertanto il secondo comma dell’art. 162 ter. c.p. prevede che per i processi già pendenti alla data di entrata in vigore della norma, il Giudice dichiara l’estinzione del reato anche quando le condotte riparatorie siano state compiute oltre il termine della dichiarazione di apertura di dibattimento di primo grado

Conclusioni.

In questi giorni ho avuto modo di leggere diversi articoli riguardanti le conseguenze dell’articolo introdotto con la riforma Orlando. Tra questi la maggior parte destava in qualche modo delle perplessità sul fatto che reati come lo stalking (di cui ho parlato qui Il reato di Stalking), possano essere dichiarati estinti anche nel caso in cui la vittima dovesse rifiutare il risarcimento proposto dall’imputato. In questi casi, ovvero quando la vittima “rifiuta l’offerta della condotta riparatoria” il Giudice non è obbligato a dichiarare estinto il reato, ma deve valutare comunque la congruità dell’offerta. (A seguito di una sentenza del 05 ottobre 2017 con la quale un giudice di Torino dichiarava estinto il reato di Stalking, nonostante la vittima abbia rifiutato la somma di denaro, l’ufficio legislativo del ministero della Giustizia, su indicazione dello stesso ministro Andrea Orlando, ha  depositato un parere favorevole all’emendamento che escluderebbe l’estinzione del reato di stalking in seguito a condotte riparatorie.)

A questo punto mi domando, la norma avvantaggia i benestanti o comunque coloro che hanno una disponibilità economica maggiore? Purtroppo penso proprio di si. Ipotizziamo chi ha i requisiti per accedere al patrocinio a spese dello stato e quindi chi non ha neanche i soldi per pagare la parcella del proprio avvocato; come potrebbe mai riparare un danno anche di € 2.000,00? Non può. Vero è che il Giudice nella sua valutazione della congruità dell’offerta riparatoria può sicuramente valutare anche le condizioni socio-economiche dell’imputato, ma di certo non potrà mai scendere sotto a determinati limiti e conseguentemente è inevitabile che si creeranno, purtroppo, delle disparità.

Per qualsiasi ulteriore informazione o domanda sull’argomento potete contattare in forma privata l’Avv. Daniele Ingarrica mediante il form presente nella pagina contatti . Per lasciare invece un commento visibile a tutti sul blog andare in fondo alla pagina.

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