Perché nessuno va in prigione?

Ogni volta che si sente di un soggetto che ha commesso un reato efferato i commenti che si sentono sono sempre gli stessi: “com’è possibile che ancora non sia in prigione?”; “Perché se ha confessato non è in carcere?” “Tanto la farà franca, in Italia nessuno va in prigione neanche con una condanna!!” (leggete anche l’articolo sulla “Certezza della pena“)

Per rispondere a queste semplici domande, cercando di non scrivere pagine e pagine e soprattutto con la consapevolezza di tralasciare numerosi aspetti (per cercare di non rendere troppo pesante l’articolo), dobbiamo necessariamente partire dalla nostra Costituzione e da alcuni parametri di caratteri generale che riguardano la libertà personale, la pena, la condanna definitiva e le misure cautelari (in carcere, arresti domiciliari, detenzione presso casa di cura, ecc.).

Costituzione Art. 13 “La libertà personale”.

La libertà personale è inviolabile

Non è ammessa alcuna forma di detenzione, di ispezione o perquisizione personale né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge

La libertà personale è un diritto naturale dell’uomo che l’ordinamento si è semplicemente limitato  a normare. Si realizza nel diritto di un soggetto a non subire imposizioni e limitazioni da altri soggetti o pubbliche autorità.  L’articolo individua anche due importanti principi:

  • quello della riserva di giurisdizione: ovvero solo la magistratura può restringere la libertà personale del cittadino;
  • quello di riserva di legge assoluta e rinforzata: ovvero che solo la legge ordinaria emanata dall’organo legislativo può stabilire casi e modalità per cui è possibile sacrificare il diritto costituzionalmente garantito, nel rispetto delle norme gerarchicamente sovraordinate

Lo scopo della norma è quello di garantire il più possibile il diritto alla libertà personale che ognuno di noi ha sin dalla nascita.

Costituzione Art. 27, 1^ cpv “Principio di non colpevolezza”.

L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva

Tale norma sancisce il principio della non colpevolezza dell’imputato (successivamente con la Carta dei diritti fondamentali della UE si parla di presunzione di innocenza anche se questi sono principi che non coincidono perfettamente – Art. 48). Questo principio costituzionale determina che:

  • l’imputato non sia assimilato al colpevole sino alla condanna definitiva. In pratica impone il divieto di anticipare la pena mentre lascia la possibilità di applicare misure cautelari;
  • l’imputato sia considerato come un presunto innocente e quindi rende applicabile l’art. 2728 1^ comma del codice civile secondo il quale le presunzioni legali dispensano da qualunque prova coloro a favore dei quali sono stabilite. Facendo così ricadere l’onere della prova della colpevolezza sull’organo giudiziario (Pubblico Ministero).

La legge Penale.

La normativa penale, così come tutte le leggi che vengono promulgate dal legislatore, devono sottostare ad alcuni principi, tra questi troviamo:

  • generalità: in quanto non è riferita a un singolo soggetto ma si riferisce a una pluralità di soggetti, ovvero a tutti coloro che si trovano nella situazione disciplinata;
  • astrattezza: in quanto la norma fa riferimento a un’ipotesi astratta e non al singolo caso concreto;

Generalità ed astrattezza sono dei parametri imprescindibili per evitare che possano essere approvate leggi ad personam. Questo però fa si che il legislatore con una singola norma debba prevedere una moltitudine di situazioni differenti e non può certo valutare tutte le sfaccettature e soprattutto i casi eccezionali e/o particolari.

Misure cautelari restrittive della libertà personale.

Le misure cautelari restrittive della libertà personale sono quei provvedimenti emessi dall’autorità giudiziaria nelle more tra le indagini ed il processo  e/o la condanna definitiva. Queste, che consistono nella custodia cautelare in carcere, agli arresti domiciliari, ecc., per la loro applicazione hanno dei parametri molto ristretti e sono ex art. 274 c.p.p. quando:

  • c’è il concreto pericolo che l’indagato possa interferire con le indagini e/o mettere in atto situazioni che possano porre in pericolo l’acquisizione o la genuinità della prova da parte della polizia giudiziaria (detto anche volgarmente inquinamento di prove) ;
  • esiste il pericolo concreto che l’indagato si dia alla fuga;
  • sussiste il pericolo che l’indagato possa compiere altri delitti della stessa natura per il quale si procede.

Se non sussistono questi elementi non è possibile imporre una limitazione della libertà personale prima della sentenza definitiva di condanna.

Oltre alle misure restrittive della libertà personale ne esistono altre che a seconda dei casi possono comunque soddisfare le esigenze cautelari sopra indicate. Tra queste per esempio il codice prevede l’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria (c.d. obbligo di firma), il divieto di espatrio ecc.

La pena a cosa serve?

l’art. 27 della Costituzione al 2^ cpv recita:

Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.

La Costituzione in questo senso è molto chiara, le pene inflitte con la condanna definitiva devono tendere alla rieducazione (o risocializzazione) del condannato. Il che significa che non sono fine a sé stesse, ma devono far capire al condannato il disvalore del fatto commesso. Da questo principio poi ne deriva un altro, quello della proporzionalità della pena. Infatti la minaccia di una pena eccessivamente severa o comunque sproporzionata può alterare la percezione di quella corretta scala di valori che dovrebbe riflettersi nel rapporto tra singoli reati e sanzioni corrispondenti. Inoltre una pena proporzionata costituisce la premessa logica all’accettazione psicologica di un trattamento diretto a favorire nel condannato il recupero di apprezzare i valori tutelati dall’ordinamento.

Il principio della rieducazione della pena unito al principio di non colpevolezza rende poi inapplicabile la pena preventiva. Ovvero la possibilità dell’organo giudiziario di limitare la libertà personale di un soggetto (sempre che non sussistano le citate esigenze cautelari che non corrispondono in alcun modo ad una anticipazione di pena avendo altre finalità), prima della sentenza definitiva di condanna, per il solo fatto che si ha la certezza che lui sia l’autore del reato per il quale si procede. 

 Nella pratica cosa succede.

Mettendo insieme tutti i principi sopra enunciati ed in particolare il principio sulla libertà individuale che è inviolabile, ne emerge che:

  • durante le indagini e durante il processo se non esistono i presupposti per l’applicazione di una misura cautelare, questa non potrà mai essere applicata. Anche se vi è una certezza quasi matematica che l’imputato sia effettivamente l’autore del fatto anche in caso di confessione (che tra l’altro non è affatto sinonimo di colpevole come per esempio nel caso di Sara Scazzi). 
  • la provvisoria applicazione di una misura, assegnata perché in quel dato momento erano presenti alcuni presupposti, dopo qualche mese può essere revocata proprio per la cessazione dei presupposti iniziali. Per esempio Tizio veniva ristretto alla custodia cautelare in carcere in quanto era plausibile che avrebbe distrutto le prove della sua azione. Dopo che le prove sono state acquisite dalla Polizia Giudiziaria non sussistono più gli estremi per mantenere la misura. Pertanto il soggetto se ristretto con una misura cautelare in carcere o agli arresti domiciliari, ne esce;
  • una misura cautelare in carcere o comunque restrittiva della libertà personale non potrà mai essere applicata quale anticipazione della pena; ma sempre e solo se sussistono gli estremi ed i requisiti previsti dagli artt. 273 e ss. c.p.p..

La limitazione della libertà personale è una cosa talmente grave da essere considerata come extrema ratio, ovvero viene applicata quando nessuna altra soluzione è stata ritenuta sufficiente dall’organo giudiziario. Pertanto non può essere presa a cuor leggero e sempre per il principio della rieducazione o risocializzazione del soggetto il carcere è da evitare qualora dovessero sussistere gli estremi.

In conclusione.

Il nostro sistema giuridico prevede una moltitudine di combinazioni nella fase precedente alla sentenza di condanna definitiva ma sono sempre di carattere generale ed astratto ed ogni norma (sia di diritto sostanziale che procedurale) deve essere applicabile ad un numero indeterminato di casi. Questo è il motivo per il quale in alcuni casi può sembrare inadeguata o insufficiente, ma non è così. Questo lo dico anche in considerazione del fatto che siamo tutti molto bravi ad emettere una sentenza di condanna nei confronti di un soggetto da ciò che sentiamo in televisione o che leggiamo su internet, ma la maggior parte delle volte non vengono riportate tutte le informazioni, ma solo quelle che fanno più scalpore (leggi l’articolo sulla diffusione delle fake news) e ciò rende il nostro giudizio decisamente approssimativo.  

Il nostro sistema, molto garantista, è strutturato per evitare gli errori. A tutti noi potrebbe un giorno capitare di trovarci nel posto sbagliato al momento sbagliato. Solo in quel caso potremo toccare con mano l’efficienza del nostro sistema giudiziario che sicuramente non è scevro da errori né perfetto, ma di certo è strutturato per ridurli al minimo.

Per qualsiasi ulteriore informazione o domanda sull’argomento potete contattare in forma privata l’Avv. Daniele Ingarrica mediante il form presente nella pagina contatti . Per lasciare invece un commento visibile a tutti sul blog andare in fondo alla pagina.

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