Il nuovo (ma non troppo) atto di appello penale.

Il nuovo (ma non troppo) atto di appello penale

Si parla tanto del nuovo atto di appello penale e delle nuove forme con cui si deve scrivere l’atto. Sono davvero cambiate le modalità e le formalità dell’atto di appello penale? La risposta è no. Quello che è cambiato, con la riforma Orlando (Legge 103/2017), sono le modalità con cui il Giudice deve (dovrebbe) redigere la sentenza. Da qui si parla di modifiche anche all’atto di appello ma in realtà torna soltanto in auge il concetto di capo, punto e motivazione dell’atto di appello (leggi qui l’articolo sull’inammissibilità dell’atto di appello), nonché la possibilità della sua inammissibilità. Sia chiaro, questi aspetti dell’atto di appello erano, e continuano ad essere, sempre presenti ed attuali. Magari solo poco conosciuti o poco messi in pratica. Infatti già nel 2007 le Sezioni Unite Penali avevano, con sentenza n.10251, chiarito bene i concetti di capi e punti sia della sentenza che dell’impugnazione.

Le modifiche della riforma Orlando in relazione all’atto di appello penale.

Il legislatore ha sostanzialmente modificato 2 articoli:

  • l’art. 546, comma 1, c.p.p “Requisiti della sentenza”;
  • l’art. 581 c.p.p. “Forma dell’impugnazione”;

Il combinato disposto di questi due articoli ha fatto si che in molti hanno parlato (impropriamente) di nuovo atto di appello penale.

L’art. 546, comma 1, lettera e) c.p.p prevede ora che il corpo della sentenza debba necessariamente contenere anche:

la concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui la decisione e’ fondata, con l’indicazione dei risultati acquisiti e dei criteri di valutazione della prova adottati e con l’enunciazione delle ragioni per le quali il giudice ritiene non attendibili le prove contrarie, con riguardo:

  1. all’accertamento dei fatti e delle circostanze che si riferiscono all’imputazione e alla loro qualificazione giuridica;
  2. alla punibilità’ e alla determinazione della pena, secondo le modalità’ stabilite dal comma 2 dell’articolo 533, e della misura di sicurezza;
  3. alla responsabilità’ civile derivante dal reato;
  4. all’accertamento dei fatti dai quali dipende l’applicazione di norme processuali.

In quest’ottica quindi prende risalto il fatto che anche la sentenza debba contenere, in modo ancora più chiaro, quegli elementi specifici, che sono poi alla base della decisione. La conseguenza di questa modifica normativa consiste nel fatto che diventa più facile poter strutturare l’atto di impugnazione.

In pratica l’art. 581 c.p.p. (anche nella formulazione ante riforma) riacquista quella forza che con il tempo era andata via via diminuendo sempre di più.

Articolo. 581 cpp

L’impugnazione si propone con atto scritto nel quale sono indicati il provvedimento impugnato, la data del medesimo e il giudice che lo ha emesso, (e sono enunciati) con l’enunciazione specifica, a pena di inammissibilità:

  • a) dei capi o dei punti della decisione ai quali si riferisce l’impugnazione;
  • b) delle prove delle quali si deduce l’inesistenza, l’omessa assunzione o l’omessa o erronea valutazione;
  • c) delle richieste, anche istruttorie;
  • d) dei motivi, con l’indicazione (specifica) delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta.

Analizziamo l’articolo e le modifiche. Innanzitutto tra parentesi ho inserito le parole eliminate, mentre in rosso quelle aggiunte dalla riforma Orlando. Balza subito alla vista il fatto che la lettera a), ovvero quella relativa ai capi e punti della decisione sia rimasta invariata. Allora perché parlare di nuovo atto di appello penale? Notiamo che è stata inserita l’inammissibilità per tutti quegli atti che non rispettino i parametri indicati. Questo sicuramente rende più forte il concetto che gli atti di appello penali debbano rispettare i parametri enunciati, ma il vecchio articolo, nonostante non lo prevedesse esplicitamente, era comunque vincolante. Ovvero gli atti che non rispettavano i parametri indicati potevano essere dichiarati inammissibili.

Quali sono le conseguenze?

Alcune Corti di Appello in realtà quasi mai dichiaravano l’inammissibilità di un atto di appello a meno che non riguardassero elementi come la data della sentenza, il numero della stessa e/o il giudice che lo ha emesso. Altre invece erano molto più severe dichiarando un atto inammissibile anche qualora fosse meramente dilatorio e quindi non rispettasse i parametri (anche) del vecchio art. 581 c.p.p.. 

Di certo il controllo di ammissibilità o meno di un atto oggi sarà più severo avendo l’art. 546 comma 1 lettera e) c.p.p. imposto al giudice di strutturare la sentenza in modo molto più chiaro e specifico. L’atto introduttivo del giudizio di secondo grado non potrà più avere la mera ripetizione delle valutazioni già compiute in primo grado, ma rappresenterà una fase destinata alla individuazione di un errore (anche solo nella valutazione una prova) della sentenza impugnata.

Il nostro atto di appello dovrà essere una critica alla sentenza. Una critica puntuale e specifica senza divagazioni o spiegazioni di questioni in via generale. La sentenza dovrà essere analizzata e contestata (ove possibile) capo per capo, punto per punto e motivazione per motivazione. 

E’ necessario tenere presente che l’inammissibilità dell’atto di appello riguarda comunque un aspetto formale e non di contenuto a differenza invece di quanto avviene in Corte di Cassazione. Dopo aver depositato un atto di appello penale, un magistrato ne valuterà la sua ammissibilità o meno e qualora non ricorrano le circostanze dell’art. 591 c.p.p. il presidente ordina senza ritardo la citazione dell’imputato (art. 601 c.p.p.).

Conclusioni.

Non si può parlare di nuovo atto di appello penale, ma semplicemente è tornato in auge l’articolo 581 del codice di procedura penale che con il passare del tempo aveva perso la sua forza. Sicuramente tutti quegli atti di appello che venivano depositati solo per far decorrere altro tempo ed arrivare così alla prescrizione non avranno più ragione di esistere in quanto verranno dichiarati inammissibili. Questo comporterà il fatto che ai fini della prescrizione varrà il termine della sentenza di primo grado in quanto con l’ordinanza di inammissibilità verrà disposta l’esecuzione della sentenza impugnata. Ordinanza che potrà comunque essere impugnata in Cassazione secondo le ordinarie regole di impugnazione.

L’avvocato dovrà semplicemente impostare il proprio atto di appello così come era già previsto dalla norma, ovvero suddividendo la sentenza in capi e punti, prendere le motivazioni relative che devono essere contestate e successivamente criticarle motivando adeguatamente i propri assunti.

Per qualsiasi ulteriore informazione o domanda sull’argomento potete contattare in forma privata l’Avv. Daniele Ingarrica mediante il form presente nella pagina contatti . Per lasciare invece un commento visibile a tutti sul blog andare in fondo alla pagina.

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