La prova digitale nel processo penale

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La prova digitale è sempre più presente all’interno del processo penale. I cellulari, i computers, i software e tutti gli altri strumenti messi a disposizione dalla tecnologia, sono in molti casi i depositari delle prove che servono tanto all’accusa quanto alla difesa. La prova digitale si compone sostanzialmente di files, che contengono suoni immagini o video, files che contengono la registrazione di eventi occorsi nei sistemi oppure di tracce lasciate durante l’utilizzo di sistemi informatici. Ma la vera domanda è: le normative e la prassi giudiziaria sono sufficientemente aggiornate per poter acquisire in dibattimento correttamente questa nuova prova?

La prova (in generale) nel processo penale.

Innanzitutto quando si parla di prove in diritto penale non ci si riferisce solo ed esclusivamente a quelle raccolte dall’accusa ma anche a quelle della difesa mediante l’espletamento delle investigazioni difensive.

La prova si forma nel dibattimento. Prima di tale fase processuale, tutte le circostanze, gli indizi, le evidenze, i fatti e documenti raccolti dal Pubblico Ministero e dai difensori (sia quello di parte civile che dell’imputato) non sono prove ma fonti di prova. Durante il dibattimento, ovvero con i mezzi di prova, quelle circostanze diventano prova e quindi acquisite nel fascicolo del Giudice del dibattimento.

I mezzi di ricerca della prova (articolo 244 e seguenti del codice di procedura penale).

I mezzi di ricerca della prova sono strumenti con i quali, in fase di indagine, il Pubblico Ministero e la Polizia Giudiziaria ricercano e spesso trovano le fonti di prova. Questi possono essere ispezioni, perquisizioni, sequestri, intercettazioni ecc. Sono attività volte ad acquisire le fonti di prova e che preesistono al dibattimento, ma di cui il giudice non ne conosce l’esistenza fino all’espletamento del mezzo di prova idoneo al fine di acquisire la fonte di prova in dibattimento.

Le fonti di prova.

Le fonti di prova sono tutti quegli elementi raccolti in fase di indagine dal P.M. (articoli 358 e ss. del c.p.p.) o dalla P.G. (articoli 55 e ss. e articoli 347 e ss. del c.p.p.) al fine di comprendere la dinamica dei fatti. Sentire a sommarie informazioni un soggetto a conoscenza dei fatti, acquisire documenti o altro, rientra nell’attività di ricerca ed acquisizione delle fonti di prova.

I mezzi di prova (articolo 194 e seguenti del codice di procedura penale).

I mezzi di prova sono quegli strumenti processuali che permettono alle parti del processo di trasformare le fonti di prova in prova. Questi sono ad esempio l’esame delle parti, la testimonianza, il deposito di documenti, le perizie, gli esperimenti giudiziali, il confronto, le ricognizioni, ecc

La prova.

Come già detto la prova si forma in dibattimento, ovvero le parti, mediante i mezzi di prova, rendono edotto il Giudice della circostanza e, salvo casi in cui la fonte di prova non venga ammessa, la circostanza entra nel fascicolo del dibattimento e conseguentemente il Giudice potrà valutarla, unitamente alle altre, al fine di prendere una decisione finale.

La prova digitale.

Sono ancora in molti tra gli avvocati, Pubblici Ministeri e Giudici, che non hanno dimestichezza con la prova digitale. Un limite è di certo quello di continuare a vedere la prova come un qualche cosa di fisico, materiale. La prova digitale invece è immateriale[1] e, in assenza di un supporto informatico non sarà mai percepita come materiale. Per questo in passato la prova digitale è stata spesso confusa con il supporto in cui erano contenute. Lo stesso articolo 491 bis c.p. (in vigore dal 1994 al 2008) identificava il documento informatico come “[…] qualunque supporto informatico contenente dati o informazioni aventi efficacia probatoria o programmi specificatamente destinati ad elaborarli”.  Già dal febbraio del 2008 il riferimento al supporto informatico era stato eliminato in quanto la differenza tra dato informatico e supporto era, finalmente, ben chiara anche al legislatore.

L’immaterialità della prova digitale determina non pochi problemi. Dalla tutela della privacy, alla individuazione territorialmente competente dell’organo inquirente alla fragilità del dato informatico sul quale mi soffermerò.

La c.d. fragilità della prova digitale.

La prova digitale si definisce fragile in quanto così come è stata creata, è modificabile facilmente. Si pensi ad un file di testo, ad una immagine per non parlare poi per chi ha le capacità, la possibilità di effettuare modifiche ai video. Non solo, qualora i supporti informatici non vengano maneggiati con cura, questi potrebbero rendere illeggibili i files contenuti e, conseguentemente, rendere inservibile la fonte di prova acquisita. È per questo che, al fine di poter produrre in giudizio una prova digitale, è necessario garantirne l’autenticità e, soprattutto, riuscire a garantire il fatto che, dopo la raccolta del dato informatico, questo non sia stato manipolato.

La legge 48 del 2008.

E’ la norma con la quale lo Stato Italiano ha ratificato la c.d. Convenzione di Budapest del 2001, ha posto i pilastri per la prova digitale disciplinando alcuni aspetti relativi a:

  • consentire la conservazione dei dati originali;
  • impedirne l’alterazione nel corso delle operazioni di ricerca delle fonti di prova;
  • garantire la conformità della copia con l’originale nonché l’immodificabilità quando si proceda ad una duplicazione;
  • dotare di sigilli informatici i documenti appresi.

Conseguenza della legge 48 del 2008.

Come si può vedere, il Legislatore non ha fissato le modalità di acquisizione del dato informatico ma si è limitato a fissare gli obiettivi che devono essere perseguiti e conseguentemente sono molti gli articoli del codice di procedura penale che sono stati modificati[2]. Fissare i principi senza entrare nello specifico comporta che, per esempio, le modalità di acquisizione del dato informatico siano definite dalle best pratices internazionali e che la raccolta delle prove digitali rientra nella classe degli accertamenti tecnici.

All’atto pratico, quando vengono rispettate tutte le best pratices, il dato informatico presente su un supporto materiale, viene copiato in modo tale da essere immodificabile e da fornire una fotografia di tutto ciò che è presente a quella data sul supporto materiale. Questa copia viene definita “Copia forense”. La copia forense può essere fatta su cellulari, pc, tablet, memorie di massa ecc. . Ovviamente la copia forense contiene anche tutti i dati delle conversazioni effettuate tramite varie applicazioni come Whatsapp, messanger, telegram, twitter, signal, mail, ecc.. comprensivi di file audio video ed immagini. Pertanto utilizzando degli applicativi specifici è possibile riprodurre dalla copia forense in modo leggibile anche tutte le conversazioni.

L’importanza dell’acquisizione forense del dato digitale nel processo penale.

In sede processuale è essenziale fornire una copia forense dei dati digitali acquisiti come fonte di prova. Infatti, essendo il dato digitale facilmente modificabile, arrivare in sede di udienza con una estrapolazione dei dati non ufficiale sarà sempre fonte di contestazioni. Non si potrà mai sapere se quella fonte di prova sia stata modificata o addirittura creata successivamente.

Inoltre fornire come fonte di prova dei files digitali (come per esempio immagini) trasferiti su supporto analogico (stampati) senza avere la possibilità per il Giudice di controllare la corrispondenza al dato estratto con copia forense, non potrà mai avere lo stesso peso rispetto al medesimo dato digitale presente all’interno della copia forense.

La differenza tra la prova digitale e la (vecchia) prova analogica.

Le differenze sono diverse e per spiegarle farò degli esempi.

Una fotografia: questa come tale è considerata un documento in quanto rappresenta lo stato dei luoghi in un determinato momento. Ora una fotografia analogica (stampata) mostra solo lo stato dei luoghi, una fotografia fatta da un cellulare contiene molti più dati. Tra questi abbiamo: data e ora, le specifiche tecniche con la quale è stata fatta, se il gps del telefono è attivo anche il luogo. Inoltre acquisire l’immagine in formato digitale ci permette anche di capire se l’immagine è stata modificata o meno.

Un audio: un audio può essere trascritto e pertanto il Giudice potrà leggere tutte le parole contenute nell’audio stesso. Dall’audio in formato digitale invece è possibile sapere le medesime informazioni di cui sopra per la fotografia. Inoltre un conto è leggere delle parole, un altro è sentire l’audio stesso. Il tono di voce e le emozioni dell’interlocutore possono anche stravolgere il senso stesso della frase che si legge.

Un file di testo: un file di testo può essere stampato e conseguentemente diventare un documento analogico. Dal documento analogico è possibile solo leggerne il contenuto. Dal file digitale è possibile sapere anche la data dell’ultima modifica, da quale computer è stato scritto, la data e l’ora della sua creazione ecc..

L’utilizzo sbagliato del dato informatico nell’uso quotidiano.

Troppo spesso abbiamo clienti che mostrano i c.d. screenshot (o peggio ce li inviano) quale prova della commissione da parte di terzi di reati come per esempio per reati di diffamazione attraverso l’uso dei social. A questo punto l’avvocato stampa le immagini ricevute, prepara la querela per diffamazione e come prova allega la stampa delle fotografie fatte dal cliente.

Questa prassi, largamente diffusa, viene anche spesso accettata dai Giudici quale prova per l’avvenuta commissione del reato. Purtroppo niente di più sbagliato.  Infatti così facendo non si fornisce alcuna prova sull’autenticità della fonte di prova e soprattutto si perdono tutti quegli elementi in più di cui ho parlato. Dalla stampa delle foto non è possibile vedere la consequenzialità dei messaggi, la cronologia degli stessi e tutto diventa più difficile.

Come acquisire una prova digitale in modo corretto.

Per acquisire una prova digitale non ci sono molte possibilità. È necessario utilizzare dei software dedicati a tale scopo che rispettino tutte le indicazioni date dalla legge 48/2008. Prima queste attività potevano essere svolte solo ed esclusivamente da tecnici specializzati, oggi invece anche per noi avvocati è possibile effettuare queste operazioni (seppur in modo meno completo ma comunque assolutamente sufficiente per lo scopo) tramite l’utilizzo di software dedicati.

Le normative e la prassi giudiziaria sono sufficientemente aggiornate per poter acquisire una prova digitale?

Secondo il mio modesto avviso la normativa è abbastanza chiara ma fino a quando non verrà imposto l’obbligo per i Giudici di ammettere quale prova un file, e non la sua trasposizione in analogico, per praticità e comodità gli organi Giudiziari continueranno a sbagliare. Oggi la prassi è che un Giudice o un Pubblico Ministero, al quale arrivano dei files quale prova, nominano un consulente tecnico al fine di effettuare prima una copia forense e successivamente una relazione che gli spieghi i files e quando possibile provveda a stamparli (se immagine o testo) oppure a trascriverli (se files audio). Invece sarebbe sufficiente che dal supporto sul quale sono presenti i files che costituiscono la fonte di prove venga effettuata una copia forense. Successivamente tutte le parti potrebbero studiare direttamente i files dal proprio computer senza dover stampare alcunché.

Conclusioni.

Tutte (o quasi) le prove digitali possono essere “stampate” e diventare così analogiche. Così però si perdono non solo molti dati, ma si resta ancorati ad un passato oramai diventato vetusto. Fino a che non si comincia realmente a pensare in digitale, la giustizia non farà mai il salto di qualità necessario per restare al passo con i tempi. Se poi ripenso a ciò che mi è successo il 23/10/2020 (di cui ho parlato qui), penso che sia ancora lontano il momento in cui la prova digitale acquisti una sua forza autonoma. Una prova digitale deve restare tale!

Come avere una consulenza.

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Note.

[1] Con il termine immateriale si vuole intendere non tangibile. Il dato informatico ha una sua materialità. Questa è composta da impulsi elettrici che rispondono ad una sequenza numerica stabilita e che, convogliati in un supporto informatico dotato di una memoria, origina informazioni intellegibili. (Cedam – Rivista di diritto processuale 2011 – Marzo aprile 2011)

[2] Gli articoli del codice di procedura penale modificati (la lista non è esaustiva) sono stati: l’articolo 244 comma 2; l’articolo 247 al quale è stato aggiunto il comma 1 bis; l’articolo 254 al quale è stato modificato il primo comma; è stato aggiunto l’articolo 245 bis; il primo comma dell’articolo 256; il secondo comma dell’articolo 259; l’articolo 260; alll’articolo 352 è stato aggiunto il comma 1 bis; l’articolo 353 e l’articolo 354.

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